Roberta Valtorta storica della fotografia
Mauro Zanchi curatore e critico d’arte
Sergio Giusti docente e teorico dell’immagine
Rosa Cinelli PhD candidate in Filosofia e Scienze umane
Modera
Andrea Tinterri curatore e critico d’arte
In un mondo dove le immagini possono essere generate con un iperrealismo sconcertante, le nozioni di autenticità e verità documentaria della fotografia sono messe nuovamente in discussione. I fotografi decidono l'inquadratura, il momento, la messa a fuoco, mentre chi utilizza l'IA agisce come "prompter". Il passaggio dalla cattura della luce su una superficie sensibile (pellicola o sensore digitale) alle immagini algoritmiche nate da dati numerici e da un'elaborazione computazionale di pattern appresi, innesca una serie di questioni relative a una verità non più legata alla referenzialità ottica, ma alla coerenza statistica interna del modello. Non si tratta più, quindi, di un'allusione narrativa o di un'impronta fisica, ma di un dominio vettoriale e statistico ad alta dimensionalità, che risiede all'interno della "scatola nera" degli algoritmi (come le Reti Generative Avversarie - GANs, o i modelli di diffusione). Questo spazio, detto latente, è il cuore pulsante dove l'IA apprende e memorizza le rappresentazioni statistiche di milioni di immagini, di concetti, di stili e di relazioni visive. È un universo di dati astratti, invisibile all'occhio umano, ma che costituisce il terreno fertile per la creazione di nuove immagini. Gli algoritmi esplorano autonomamente gli spazi latenti, sintetizzando immagini che possono superare o sorprendere l'intenzione iniziale, introducendo una nuova forma di agency non umana nel processo creativo. Il passaggio dal medium fotografico tradizionale alle immagini algoritmiche ottenute con reti neurali e AI generative rappresenta una delle più significative svolte nell'arte contemporanea, che induce a interrogarci non solo rispetto a "cosa" vediamo, ma soprattutto a "come" è stato generato e "da cosa" è stato appreso.